Le politiche del governo Meloni ai danni dei poveri

Nonostante i proclami del governo e dei media allineati, gli effetti delle sue politiche antisociali non tardano a farsi sentire sui ceti meno abbienti.

Giorgia Meloni - Anti Inflazione - Carrello della spesa

Una delle caratteristiche principali del governo Meloni è stata certamente fino a questo momento la volontà di portare avanti una vera e propria guerra ai poveri, e cioè a tutte quelle persone che si trovano nell’impossibilità economica di provvedere ai propri bisogni anche più elementari. Secondo l’ideologia che sostiene questa maggioranza la povertà non è un problema che lo Stato debba superare affinché le donne e gli uomini di questa Repubblica possano godere dei diritti riconosciuti dalla Costituzione, ma uno stato di colpa di cui c’è solo da vergognarsi, e le cui conseguenze vadano affrontate individualmente, quasi come se si trattasse dell’espiazione di un peccato.

Per la destra mondiale la povertà è una colpa!

Questo approccio ideologico nei confronti della povertà non esiste solamente in Italia. Esso è uno dei tratti distintivi di tutte le forze di destra in campo internazionale, a cominciare dal trumpismo negli Stati Uniti, fino ai conservatori inglesi e ai vari Bolsonaro e Milei in Sud America. Se vogliamo renderci conto di quanto il binomio povertà-colpa sia diffuso, basandoci su un parametro distintivo, è sufficiente osservare quale sia l’atteggiamento di sostanziale chiusura nazionalistica degli altri Paesi europei a fronte del fenomeno migratorio.

Chi sono i poveri nel nostro Paese?

A monte di una valutazione della politica di questo esecutivo sul lavoro e sul welfare, bisogna prima fissare le idee su chi siano oggi i poveri in Italia. A questa categoria appartengono varie figure: disoccupati, lavoratori informali e tutte le persone che sono prive di forme di sostentamento, ma anche molte lavoratrici e lavoratori regolarmente assunti, i cui contratti collettivi di lavoro non sono in grado di soddisfare i requisiti minimi previsti dall’art. 36 della Costituzione. In effetti in molte circostanze le lavoratrici e i lavoratori assunti percepiscono retribuzioni al di sotto della soglia di povertà relativa. E dunque queste donne e questi uomini, pur regolarmente assunti, non sono in grado di garantire a se stessi una vita dignitosa.

L’atteggiamento del governo in materia sociale!

A fronte di questa situazione, le scelte legislative del governo non danno adito a dubbi su quale sia l’attitudine di questa maggioranza: abrogazione del Reddito di Cittadinanza e la sua “sostituzione” con l’assegno di inclusione (AdI) e il supporto per la formazione e il lavoro; la flat tax a favore del lavoro autonomo, a discapito del lavoro subordinato e delle tutele che da tale rapporto derivano (contribuzione, malattia, maternità, ecc.); contrasto di natura politica e ideologica alla legge sul salario minimo; riduzione delle tutele introdotte con il Decreto Dignità relative ai contratti a termine; promozione del cosiddetto lavoro gratuito di pubblica utilità con diversi interventi che rientrano nella configueazione di politiche attive sul lavoro; introduzione di forme di welfare di tipo familistico.

Conseguenze dell’abolizione del Reddito di Cittadinanza!

Ci limitiamo qui a fare un’osservazione a proposito dell’abolizione del Reddito di Cittadinanza, in particolare sugli effetti che essa avrà sulla vita di milioni di cittadini. Va ribadito che la legge sul Reddito di Cittadinanza, per quante imperfezioni potesse avere, è in ogni caso stata un primo passo verso una forma di welfare mirata non solo a garantire un reddito minimo di sussistenza, ma soprattutto a sottrarre le lavoratrici e i lavoratori al ricatto salariale da parte dei datori di lavoro. Questo provvedimento aveva a suo tempo consentito alle lavoratrici e ai lavoratori di rifiutare contratti di lavoro sottopagati e ingiusti.

Pensando a una possibile alternativa!

Di fronte a questo scenario di inaudita gravità, si fanno strada delle domande, anche dal momento che è ormai solo questione di tempo perché milioni di lavoratrici e lavoratori, disoccupati e inoccupabili, che hanno votato questa maggioranza e i suoi partiti, si accorgano di essere stati usati e traditi. Al che bisogna chiedersi in che modo si potrà coinvolgere e far convergere il resto del Paese che non va più a votare in un polo per una possibile alternativa, ancora tutta da costruire.

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