Myanmar, almeno 11.000 morti nella guerra civile che insanguina il Paese!

La giunta militare del Myanmar ha distrutto qualsiasi forma di democrazia, nel Paese, ma sta incontrando una vivace opposizione popolare.

Birmania

Una guerra civile dimenticata dai grandi mezzi di comunicazione mondiali è in atto in Myanmar, l’ex Birmania. La situazione nel Paese è precipitata dopo il colpo di stato del 1° febbraio 2021, in cui le forze armate condotte dal generale Min Aung Hlaing hanno preso il potere rovesciando il governo democraticamente eletto, e arrestando e imprigionando Aung San Suu Kyi – ex consigliera di Stato e premio Nobel per la pace nel 1991 – e diversi altri dirigenti della League for Democracy (NLD) – il partito vincitore delle elezioni del novembre 2020 – distruggendo la neonata democrazia birmana.

Le due fasi della resistenza popolare al regime!

Ma il popolo del Myanmar, ad onta della sanguinosa repressione attuata dalla giunta militare, si è opposto vivacemente al regime golpista, in un primo momento scendendo in piazza pacificamente, e in seguito dando inizio a una resistenza armata senza precedenti, che vede unite le milizie radunate su base etnica, da parte di Karen, Karenni, Kachin, Chin, Shan e Arakan, e la People’s Defence Force (PDF), ala militare del National Unity Government (NUG), il governo clandestino che si è costituito in seguito al colpo di stato.

Vittime, sfollati interni e collasso dell’economia!

A tutt’oggi, stando alle valutazioni del NUG, ci sono stati più di undicimila morti in tutto il Paese, decine di migliaia di feriti e oltre un milione di sfollati interni, forzati a vivere in condizioni di disastrosa precarietà, con immense difficoltà a trovare cibo, acqua e medicinali. Secondo l’organizzazione umanitaria Unicef, più di cinque milioni di bambini hanno bisogno di assistenza e 7,8 milioni di adolescenti non possono andare a scuola. L’economia sta registrando un crollo totale, con il tasso di disoccupazione che è arrivato al 40%.

Arresti ed esecuzioni di attivisti pro democrazia!

L’esercito golpista ha messo agli arresti più di ventimila oppositori. Nel luglio scorso quattro dissidenti sono stati giustiziati con l’accusa di aver organizzato «atti terroristici». Sono l’ex parlamentare Phyo Zeya Thaw, molto vicino ad Aung San Suu Kyi, lo scrittore Kyaw Min Yu, veterano del gruppo studentesco «Generazione 88», Hla Myo Aung e Aung Thura Zaw. Le esecuzioni sono avvenute nella prigione di Insein, distretto di Yangon, dove sono state denunciate torture e sparizioni. La giunta ha anche represso tutte le libertà, incarcerando giornalisti, revocando le licenze di giornali indipendenti e limitando la circolazione di notizie a proposito delle azioni del regime.

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